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Descrizione estesa tipi di MGF

Tipo I

L’escissione circonferenziale del prepuzio della clitoride è analoga alla circoncisione maschile. Nei paesi islamici, viene chiamata Sunna, che in arabo rinvia a “regola”, “tradizione”. In questo tipo di MGF si pratica una piccola incisione sul prepuzio del clitoride senza asportarne nessuna parte, limitandosi a far uscire alcune gocce di sangue. Questo tipo di circoncisione non è particolarmente nocivo per la salute e non comporta complicanze immediate o a distanza.

Una seconda forma, più comune, di escissione di tipo I consiste nell’asportazione del prepuzio conservando comunque l’integrità della clitoride e delle piccole labbra.

Tipo II

Questo tipo implica la rimozione del glande della clitoride o anche dell’intera clitoride e può includere parte delle piccole labbra o tutte. È una mutilazione più estesa della precedente, ed è particolarmente diffusa in Egitto, in alcuni paesi dell’Africa Orientale e tra numerosi gruppi etnici della fascia sub sahariana.

Tipo III

La cosiddetta “circoncisione faraonica” o infibulazione implica la chiusura parziale dell’orifizio vaginale dopo l’escissione di una varia quantità di tessuto vulvare. Nella sua forma più drastica vengono asportati tutto o parte del monte di Venere, le grandi e piccole labbra e il clitoride.

I due lati della vulva vengono poi cuciti tra loro con una sutura riducendo in tal modo l’orifizio vaginale e lasciando solo un piccolo passaggio nell’estremità inferiore, per l’emissione del flusso mestruale e dell’urina. La cicatrice richiusa crea un “cappuccio di pelle” che copre l’uretra e in parte o quasi tutta la vagina, costituendo una barriera fisica al coito. Permane quindi solo una piccola apertura posteriore, circondata da cute e tessuto cicatriziale, che in genere misura 2-3 cm di diametro, ma può avere anche le dimensioni della capocchia di un fiammifero. Al termine del processo di cicatrizzazione si controlla l’ostio residuo e, se esso non è sufficientemente piccolo, l’operazione si ripete una seconda volta; è particolarmente diffusa in Somalia, in Sudan e presso alcuni popoli del Mali.

Tipo IV

Vi sono altre pratiche lesive dell’apparato genitale femminile poco diffuse e circoscritte solo a limitate aree geografiche, per esempio casi in cui vengono lacerate le grandi labbra a scopo medico-rituale, per dilatare o restringere la vagina. Nel primo caso, si tratta della cosiddetta ‘introcisione’, cioè una dilatazione traumatica della vagina che si effettua in genere in preparazione della prima notte di nozze; nel secondo caso, la vagina viene fatta retrarre o restringere attraverso incisioni o sostanze corrosive, in genere con lo scopo di risultare “più stretta” per un eventuale secondo matrimonio.

E’ da sottolineare come entro questa categoria l’OMS raggruppi solo le forme più dannose e mutilanti di modificazione, in particolare quelle per dilatare o restringere la vagina (introcisione’, cioè una dilatazione traumatica della vagina che si effettua in genere in preparazione della prima notte di nozze; nel secondo caso, la vagina viene fatta retrarre o restringere attraverso incisioni o sostanze corrosive, in genere con lo scopo di risultare “più stretta” per un eventuale secondo matrimonio), ma in realtà le forme di alterazione non funzionale, ma anche non mutilante o dolorosa, sono numerosissime e inscrivono le modificazioni dei genitali all’interno del vasto insieme delle modificazioni culturali dei corpi connesse ai campi dell’esistenza sociale, come il matrimonio, la procreazione, la relazione fra generi.

Leggi: Michela Fusaschi, Quando il corpo è delle altre, Bollati Boringhieri, 2011

 Fusaschi ha studiato una pratica di modificazione genitale femminile diffusa in Rwanda e Burundi chiamata gukuna, un’operazione di manipolazione e modificazione dei genitali femminili a carattere definitivo non terapeutico mirata a espandere la zona clitorido-labiale. Tecnicamente è un massaggio esercitato tra ragazze che si suppone sia utile  a “fare acqua”, cioè ad ampliare la capacità lubrificatoria della vagina, quindi a prepararla per il rapporto sessuale e per il parto. Da un punto di vista antropologico sociale, essa è una pratica mirata al modellamento culturale del corpo, alla costruzione sociale della identità corporea e di genere, comprensibile nei suoi significati solo all’interno della simbologia e cosmogonia rwuandese dei flussi e dei fluidi della terra; acqua, latte, miele…

In sintesi, è importante ricordare come quella proposta dall’OMS sia una classificazione funzionale all’interno di un certo sistema di rappresentazione coerente agli obbiettivi di un’organizzazione sanitaria internazionale, ma che tutti i tipi  di circoncisione andrebbero compresi all’interno dei diversi contesti in cui le pratiche vengono effettuate.